Un dogma per vivere

Un arguto commentatore ricordava nei giorni scorsi che il 15 di questo mese non si celebra San Ferragosto ma l’Assunzione di Maria, una delle verità della fede cristiana riconosciuta a livello popolare fin dai primi secoli e solennemente proclamata dogma della fede il primo novembre del 1950 da Papa Pio XII alla conclusione dell’anno Santo.

Varrà forse la pena ricordare che il dogma riconosce che “la Vergine era stata elevata alla gloria celeste al termine della vita terrena in anima e corpo, sfuggendo alla corruzione”. Affermare solennemente questa verità creduta da secoli “era particolarmente significativo (…) in una società in cui il valore della vita , in modo sempre più diffuso, veniva fatto consistere nella riuscita presente. Era una sfida affermare che l’avvenimento cristiano proclama il valore della esistenza del corpo per l’eternità. E che il valore, anche di una vita assolutamente priva di clamorosità, sta nel vivere l’attimo come aspetto e funzione dell’amore al tutto (…) Il valore dell’attimo, cioè, non sta nella sua riuscita immediata ma nell’amore al tutto con cui è vissuto. (…) E’ l’affermazione della dimensione vera dell’uomo, che mette alle strette l’angustia materialistica dell’uomo moderno per dilatarlo, sotto l’urto dello spirito, all’infinito.“(L. Giussani, Perché la Chiesa)

Le motivazioni per la proclamazione di questo dogma mi sembra che mantengano tutta l’attualità di allora, se non ne aumentano l’esigenza. Quanto distante la mentalità più diffusa da una concezione della vita che non si fermi all’immediato, al successo, alla ricchezza!

“Un mondo prospero. Una società prospera – così ci ammonisce Peguy in Véronique – Che sta bene senza Gesù, dopo Gesù. Non era mai successo. Vi era stato evidentemente una società un mondo senza Gesù, prima di Gesù. Ora invece si tratta di una socetà prospera, un mondo prospero senza Gesù, dopo Gesù”.

Sulla stessa lunghezza d’onda, quasi un secolo dopo, nel suo Gesù di Nazaret, così Ratzinger/Benedetto riflette sulle tentazioni di Gesù,

“Matteo e Luca parlano di tre tentazioni in cui si specchia la lotta interiore di Gesù per la sua missione, ma nello stesso tempo appare anche la domanda su ciò che conta davvero nella vita degli uomini. Qui appare chiaro il nocciolo di ogni tentazione: rimuovere Dio, che di fonte a tutto ciò che nella nostra vita appare più urgente sembra secondario, se non superfluo e fastidioso. Mettere ordine da soli nel mondo, senza Dio, contare solo sulle proprie capacità, riconoscere come vere solo le realtà politiche e materiali e lasciare da parte Dio come illusione, è la tentazione che ci minaccia in molteplici forme.(…) (La tentazione) si presenta, inoltre, sotto la pretesa del vero realismo. Il reale è ciò che si constata: potere e pane. A confronto le cose di Dio appaiono irreali, un mondo secondario di cui non c’è veramente bisogno. E’ in gioco Dio: è vero o no che Lui è il reale, la realtà stessa? E’ lui il buono o dobbiamo inventare noi stessi ciò che è buono?”

Si comprende bene che queste tentazioni che non sono risparmiate a Gesù all’inizio della sua missione percorrono tutta la storia del mondo occidentale, sia come tentazioni personali sia come sviluppo di potere. In particolare è negli ultimi due secoli che il tentativo di cancellare Dio, il Dio di Gesù, dalla storia degli uomini, è avvenuto con più determinazione: dalla grande rivoluzione di Francia al comunismo, al nazismo il tentativo di modellare società sulla visione di un uomo nuovo, liberato dai vincoli della fede cristiana, è stato fatto con grande spiegamento di mezzi, militari ma anche culturali, ed è sempre finito tra lacrime e sangue.

Se la sfida è questa, allora è forse necessario che i cristiani, e la Chiesa in generale, riprendano la testimonianza del cuore del messaggio cristiano. L’Assunta ci testimonia che Gesù ha vinto il male e la morte, quello che San Paolo ci ha ricordato nella prima lettera ai Corinti “l’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte”. L’Assunta anticipa questa vittoria finale e apre l’orizzonte della testimonianza.

Clima, migranti, pace, disuguaglianze… tutte questioni, e molte altre, cui dedicare impegno ed energie, certamente così deve essere. Ma principalmente gli uomini di oggi aspettano una risposta sul senso del proprio cammino nella vita, sul senso del dolore, delle morti che appaiono ingiuste, delle violenze ingiustificabili. E non si accontentano (non ci accontentiamo) delle riposte della sociologia o della politica.

C’è poi una particolare battaglia che aspetta da troppo tempo militanti e combattenti (non scandalizzino le parole); ed è quella culturale, la battaglia per la verità. Non è possibile che ogni opinione, ogni affermazione abbia lo stesso grado di verità. Il rispetto delle opinioni, e ancor prima della persona che le esprime, non può far venir meno la testimonianza di una verità sull’uomo e il suo destino che ci è venuta incontro con l’incarnazione, la morte e la resurrezione di Gesù.

Perfino certi ecclesiastici sembrano intimoriti dalla forza con cui idee e valori fortemente in contrasto con la visione cristiana della vita vengono affermati, persino nelle chiese: e ne abbiano avuto un chiarissimo recente esempio.

Il popolo semplice, cristiano, che per secoli ha pregato la Madonna Assunta aspetta di essere accompagnato autorevolmente nella testimonianza dell’inaudita novità che questo dogma rappresenta per ogni uomo.

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